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Il danno alla capacità lavorativa: nozione, prova in giudizio e risarcimento.

La lesione della capacità lavorativa attiene, genericamente, alla condizione di quell’individuo che a seguito di infortunio veda ridotta la propria capacità di produrre reddito attraverso lo svolgimento di un lavoro;

la necessità di garantire l’adeguato risarcimento del danno in favore del soggetto leso si trasfonde in diritto nelle diverse figure giuridiche quali la capacità lavorativa generica, che riguarda la possibilità della persona di svolgere in futuro una qualsiasi attività lavorativa produttiva di reddito, la capacità lavorativa specifica, la quale invece concerne l’idoneità a continuare a svolgere l’attività lavorativa attualmente esercitata dall’infortunato oppure un’attività diversa ma comunque coerente con le sue attitudini nonché, da ultimo, la c.d. “cenestesi lavorativa”, ovvero la maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa, non incidenti sul reddito della persona offesa. Tralasciando volutamente l’ulteriore concetto di “perdita di chance lavorativa”, è bene subito precisare che la capacità lavorativa specifica non si riduce automaticamente ogni qualvolta sia possibile riscontrare postumi invalidanti permanenti sulla persona del danneggiato bensì, necessita di apposita dimostrazione del nocumento da parte di quest’ultimo; nel corrispondente giudizio risarcitorio la prova potrà quindi essere fornita sia documentando la concreta diminuzione di reddito od il mancato conseguimento di guadagno conseguente al fatto dannoso sia dimostrando, previa un’attenta analisi delle attitudini del soggetto leso, la lesione della capacità di svolgere l’attività lavorativa attuale o quelle che presumibilmente il danneggiato stesso avrebbe potuto svolgere in futuro. Quanto alla prova del danno alla c.d. “cenestesi lavorativa” -il quale rientra comunque nel più ampio concetto di danno biologico-, invece, oltre agli elementi desumibili da un apposito accertamento medico-legale, indispensabile per ognuna delle fattispecie oggetto della presente analisi, sarà assai probabile il ricorso in giudizio alla prova testimoniale tesa a dimostrare il peggioramento incontrato nello svolgimento dell’attività lavorativa, da parte del soggetto leso. La recente pronuncia della Sezione III della Cassazione Civile -Sent. n. 17411 del 28/06/2019-, transitando al profilo della quantificazione del danno, ha difatti avuto modo di spiegare che “Il danno di natura patrimoniale derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona mentre il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento, dell’attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo. Tale tipologia di danno configurabile solo ove non si superi la soglia del 30% del danno biologico, va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto”; altra recente pronuncia della Suprema Corte ha invece statuito che “Il danno patrimoniale futuro conseguente alla lesione della salute è risarcibile solo ove appaia probabile, alla stregua di una valutazione prognostica, che la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’infortunio, mentre il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, che consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa, non incidente neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona offesa, si risolve in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo e va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto.” (Cass. civ. Sez. VI – 3 Ord., 22/05/2018, n. 12572); ulteriore orientamento giurisprudenziale, che appare francamente preferibile, suggerisce cheIl danno da lesione della c.d. “cenestesi lavorativa” (…) risolvendosi in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo, va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute attraverso un’appropriata personalizzazione del danno non patrimoniale” (cfr., ex multis, Tribunale Rimini, Sez. Unica, Sent. 14/03/2018).

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