Il diritto di visita ai minori non conviventi nel regime di ristrettezza della libertà di circolazione
La materia del diritto di famiglia è un tema assai delicato nel quale fondamentale è, al di la delle compiute disposizioni giuridiche, l’esercizio del buon senso. Tale diritto è stato oggetto di una profonda riforma nell’anno 2006 che ha portato al cambio della regola generale in caso di separazione dei coniugi con prole stabilendo il principio dell’affido condiviso e cioè il diritto dei figli alla bigenitorialità, considerata lo strumento migliore per garantire ai minori una crescita e un’educazione serena ed adeguata.
Il minore, quindi, sia pur collocato, per accordo delle parti o per disposizione del Giudice, presso uno dei genitori ha diritto a mantenere con il genitore non convivente “un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale” (cfr. art. 337 ter cod. civ.). Alla collocazione presso uno dei genitori si contrappone il diritto di visita del genitore non collocatario. Il diritto di visita è lo strumento per assicurare al minore di mantenere un rapporto significativo con il genitore non convivente favorendone la presenza ai fini della cura, educazione, istruzione e assistenza morale in conformità al dettato codicistico. Trattasi, pertanto, di un diritto importante che può essere compresso o sospeso solo in presenza di legittimi e giustificati motivi. La modalità e misura dell’esercizio del diritto può essere concordata dai coniugi salvo comunque il diverso avviso, anche in tal caso, del Giudice o da quest’ultimo ove i coniugi non trovino un accordo. Il diritto, pertanto, può essere frazionato, preferibilmente, senza mai eccedere ed assicurando una certa continuità nei fine settimana o nei periodi di vacanza scolastica anche per più settimane, ad esempio, nel periodo estivo. È possibile anche, ma è raro e rappresenta una misura eccezionale, l’affidamento alternato con collocazione del minore per periodi più lunghi ed analoghi (una settimana, quindici giorni, un mese e così via) in successione presso il padre e presso la madre, quando gli stessi risiedano nella medesima città. Ma tanto lo si espone solo per dovere di completezza trattandosi di soluzione residuale in quanto il minore ha bisogno del proprio ambiente di sviluppo e crescita consolidato. Tornando al diritto di visita non è un caso che chi espone parli di un diritto del minore piuttosto che del diritto del genitore non convivente. Che sia un diritto anche per quest’ultimo non vi è dubbio ma che il legislatore prima, ed i Giudici nell’applicazione poi, lo inquadrino più come un diritto del minore che del genitore è una lapalissiana verità. Giova al riguardo evidenziare che se il genitore non esercita il proprio diritto di visita ripetutamente, il Giudice può far discendere da tale suo comportamento l’applicazione eccezionale dell’affidamento esclusivo in favore dell’altro genitore e addirittura, in casi di estremo assenteismo del genitore non collocatario, il Giudice può addivenire alla declaratoria di decadenza della responsabilità genitoriale ai sensi dell’art. 350 c.p.c. ed alla declaratoria di responsabilità penale ex art. 570 del codice penale con obbligo di risarcire il danno. Non c’è da meravigliarsi perché l’intero diritto di famiglia ruota attorno al preminente interesse della prole e non è casuale che il Giudice non ha diritto di vigilare sulla regolazione dei rapporti personali tra i coniugi mentre lo ha quando i coniugi regolano i rapporti con i figli minori. La materia è in continuo divenire perché ove mutino le condizioni è diritto dell’interessato chiedere il mutamento dei provvedimenti resi che, pertanto, non passano mai in giudicato. Al riguardo una domanda sorge spontanea: gli accordi fra i coniugi, omologati dal Giudice, ed i provvedimenti resi da questi ultimi relativamente all’esercizio del diritto di visita mantengono la loro validità anche nell’attuale periodo di restrizione della libertà di circolare a cagione del c.d. Coronavirus (CoViD-19)? Alla domanda hanno fornito una prima risposta due recentissime pronunce del Tribunale di Milano e del Tribunale di Bari che hanno offerto due diverse soluzioni del quesito. Il 10 marzo il Governo, sul sito istituzionale, ha chiarito che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal Giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio. Il diritto di visita è quindi consentito dai decreti ministeriali dell’8/9 marzo 2020 (e non pare che quelli successivi abbiano posto un divieto specifico), rientrando nelle situazioni di necessità ivi previste il diritto di visita in esame. Il concetto è stato ripreso e ribadito anche dal Tribunale di Milano che con provvedimento dell’11 marzo 2020 ha prescritto ai genitori di rispettare gli accordi raggiunti nel giudizio di separazione sulle frequentazioni padre-figli, nonostante i genitori abitassero in due Comuni diversi. Il Tribunale meneghino, infatti, ha sancito che l’art. 1, lett. a), D.P.C.M. 8 marzo 2020, n. 11 non preclude l’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori e consente gli spostamenti finalizzati a rientri presso la residenza o il domicilio, cosicché nessuna “chiusura” di ambiti regionali può giustificare violazioni di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti. Di diverso avviso si è, invece, manifestato il Tribunale di Bari che provvedendo sull’istanza di sospensione degli incontri tra il minore ed il padre non convivente, e residente in Comune diverso, proposta dalla madre collocataria, con ordinanza del 26.03.2020 ha accolto l’istanza interrompendo, fino al 03 aprile 2020, le visite paterne stabilendo l’opportunità di esercitare il diritto di visita attraverso lo strumento della videochiamata o Skype. In particolare il Tribunale di Bari ha rilevato che gli incontri tra figli minori e genitori che dimorano in due Comuni diversi non sono in linea con le condizioni di sicurezza previste dai D.P.C.M. del 9,11, 21 e 22 marzo 2020. “Infatti, posto che lo scopo della normativa è la limitazione dei movimenti sul territorio (compresi gli spostamenti da un Comune ad un altro) al fine di contenere il contagio, a questa devono attenersi tutti i cittadini tra cui i minori”. Inoltre il Tribunale osservava che non era verificabile se, durante gli incontri con il padre, il minore fosse stato esposto a rischio sanitario. Poiché, nell’emergenza in corso, il diritto-dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi è recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone e rispetto al diritto alla salute (art. 32 della Costituzione) il Tribunale accoglieva l’istanza provvedendo come sopra. Nell’attuale situazione, come si può facilmente constatare dalle contrastanti decisioni innanzi riportate, le soluzioni possibili possono essere totalmente diverse. Chi scrive si auspica che sull’azione giudiziaria prevalga l’italico buon senso mettendo a profitto gli enormi progressi compiuti dalla tecnologia.