DETTAGLI PROGETTO
- Data 15 Mag 2018
- Autore Studio Legale Ripoli
- Area di competenza Responsabilità Medica
- Località Matera
- Categoria Responsabilità Medica
BREVE SCHEDA ILLUSTRATIVA
N ell’alveo della responsabilità professionale riveste una particolare rilevanza quella attinente l’esercizio della professione medica, riferita ai danni cagionati ai pazienti da condotte contrarie alle legge (errori e/o omissioni), facenti capo al medico o alla struttura sanitaria. Importanti novità sul tema sono intervenute con la c.d. “riforma Gelli” relativamente alla responsabilità penale del medico per imperizia, che è esclusa ogni qual volta il professionista dimostri di essersi attenuto alla linee guida nell’esercizio della prestazione, nonché rispetto all’imputazione della responsabilità in sede civile, extracontrattuale (art. 2043 c.c.) per il medico -prescrizione quinquennale del diritto- e contrattuale (art. 1218 c.c.) nei confronti della struttura sanitaria -prescrizione decennale-;
-; circa il danno risarcibile, esso comprende ogni ipotesi di lesione dell’integrità psico-fisica del paziente determinata da colpevole condotta altrui, meritevole in sede civile di ristoro sia quanto al danno patrimoniale che rispetto a quello non patrimoniale. L’azione giudiziaria può essere esperita sia direttamente nei confronti dell’Impresa di assicurazione che in danno del medico e/o della struttura sanitaria, è subordinata al preventivo espletamento della consulenza tecnica preventiva (art. 669bis c.p.c.) oppure del procedimento di mediazione e viene incardinata con il ricorso ex art. 702bis c.p.c. (Procedimento sommario).
Normativa
L egge 08 Marzo 2017, n. 24 (Riforma Gelli); Artt. 1218 c.c. (Responsabilità contrattuale/del debitore), 2043 c.c. (Illecito extracontrattuale-Danno ingiusto), 2056 c.c. (Valutazione dei danni), 1223 c.c. (Risarcimento del danno), 1226 c.c. (Valutazione equitativa del danno), 2059 c.c. (Risarcimento del danno non patrimoniale); art. 696bis c.p.c. (Condizioni di procedibilità dell’azione).
Nozioni Generali: La responsabilità medica riguarda sia tutti coloro che a qualsiasi titolo operano presso una struttura sanitaria che le strutture stesse, sanitarie o sociosanitarie, pubbliche o private: gli appartenenti alle due categorie sono difatti obbligati per legge a stipulare un’adeguata polizza assicurativa appositamente per i rischi da responsabilità medica. Si è detto di come il medico risponde del danno cagionato per responsabilità extracontrattuale mentre la struttura a titolo di responsabilità contrattuale, ciò comportando che mentre nella prima ipotesi il danneggiato dovrà provare esclusivamente il danno ingiusto subito ed il nesso di causalità fra la condotta colposa e l’evento indesiderato, nel secondo caso, ex art. 2697 c.c., chi agisce in giudizio sarà tenuto a dimostrare tutti gli elementi indispensabili del fatto illecito, onere sicuramente più gravoso del precedente. Per grandi linee, vista la complessità della materia, può dirsi che il medico è esente da responsabilità ogni qual volta nell’esercizio della prestazione si sia attenuto alle linee guida ed alla buona prassi che regola l’attività medica; è altresì indispensabile che egli abbia acquisito il consenso informato alle cure, libero e consapevole, da parte del paziente, ovvero l’assenso ad eseguire l’intervento sanitario conseguente all’informativa attinente tutti gli aspetti relativi alla sua patologia ed ai trattamenti ai quali sarà sottoposto: in difetto, la prestazione medica non potrà ritenersi lecita. Per quanto attiene l’aspetto prettamente risarcitorio, deve anzitutto rammentarsi la distinzione fra danno patrimoniale (artt. 1223, 1226 e 2056 c.c.) e danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.): il primo, che attiene alle ripercussioni negative sul patrimonio subite dal soggetto a causa della condotta antigiuridica, si suddivide nelle due voci di danno emergente, ovvero quello immediatamente quantificabile in ragione dell’attualità della diminuzione patrimoniale, e lucro cessante, che invece si manifesta non nell’immediato ma nel futuro attraverso il mancato guadagno o la perdita di chance lavorative; il secondo invece viene comunemente identificato con le c.d. “sentenze gemelle” delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione dell’anno 2008 (nn. 26972, 26973, 26974 e 26975) che hanno definitivamente fatto chiarezza sul punto sancendo come “La categoria del danno non patrimoniale attiene ad ipotesi di lesione di interessi inerenti alla persona, non connotati da rilevanza economica o da valore di scambio ed aventi natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) con funzione meramente descrittiva (danno alla vita di relazione, danno esistenziale, danno biologico, ecc.); ove essi ricorrano cumulativamente occorre, quindi, tenerne conto, in sede di liquidazione del danno, in modo unitario, al fine di evitare duplicazioni risarcitorie fermo restando l’obbligo del giudice di considerare tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, mediante la personalizzazione della liquidazione. Tale danno, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del c.d. danno morale soggettivo, ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, purché la lesione dell’interesse superi una soglia minima di tollerabilità e purché il danno non sia futile e, cioè, non consista in meri disagi o fastidi”. Il danno non patrimoniale è quindi da ricondursi ad una categoria unitaria che ha riguardo alla lesione di interessi attinenti la persona, non suscettibili di valutazione economica, articolata in una serie di aspetti (o voci), che concorrono alla quantificazione del pregiudizio, quali: a) Danno Biologico, consistente nella lesione all’integrità fisica, costituzionalmente garantita, della persona; si articola in danno biologico permanente (qualora derivino postumi invalidanti irreversibili) e temporaneo (ovvero oggetto di guarigione clinica) e viene quantificato sulla base delle Tabelle predisposte dai Tribunali, in particolare quelle del Tribunale di Milano; b) Danno Esistenziale o Alla Vita di Relazione, che concerne le significative e gravi alterazioni delle condizioni di vita quotidiane, lo sconvolgimento dell’esistenza e/o nell’alterazione della personalità del soggetto; viene liquidato equitativamente dal giudice ex art. 1226 c.c.; c) Danno Morale, ovvero la sofferenza psichica ed interiore patita dal danneggiato; d) Danno da perdita parentale, conseguente alla perdita di un prossimo congiunto. Transitando al profilo della quantificazione del danno, quanto a quello patrimoniale avremo la situazione per cui il danno emergente sarà, proprio in quanto tale, immediatamente quantificabile ad opera del giudicante mentre la quantificazione del lucro cessante è subordinata ad una rigorosa prova della riduzione della capacità lavorativa specifica, dovendosi successivamente tenere in considerazione elementi quali: le possibili attività che il danneggiato avrebbe potuto svolgere, l’età, l’esperienza e le capacità lavorative nonché, infine, il reddito, la cui riduzione è prevista quale elemento indefettibile per potersi procedere al risarcimento. Circa il danno non patrimoniale occorre distinguere tra il risarcimento del danno biologico che avviene giusta i parametri di cui all’art. 139, comma II, Codice delle Assicurazioni per le lesioni di lieve entità (ovvero quelle non superiori al 9% di invalidità), mentre per le macrolesioni verranno utilizzati i valori di cui alle c.d. “Tabelle del Tribunale di Milano”: in caso di lesioni riportate a seguito di un sinistro stradale il risarcimento conseguente può essere aumentato del 30% rispetto ai valori standard; le ulteriori voci che compongono il danno non patrimoniale -danno morale e danno esistenziale- sfuggono per loro natura ad una quantificazione fondata su parametri certi dovendo il giudice procedere alla valutazione equitativa ex art. 1226 c.c.: fondamentale sarà, allora, la c.d. “personalizzazione del danno”, applicabile tanto al danno patrimoniale quanto a quello non patrimoniale, la quale, sulla base del principio per cui il risarcimento del danno deve essere integrale essendo compito del giudice quello di accertare la effettiva consistenza del pregiudizio, mira a consentire la maggiore approssimazione possibile all’integrale risarcimento anche attraverso la personalizzazione; si tratterà, allora, di prendere in considerazione tutti quegli aspetti peculiari della singola fattispecie al fine di garantire un ristoro omnicomprensivo di tutte le sofferenze patite dal soggetto leso.
SCHEDA TECNICA
- ARGOMENTO
- NORMATIVA
- BREVE DESCRIZIONE